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NO al nuovo DDL sui farmaci per la disforia di genere

Quando la burocrazia rallenta la cura: perché le associazioni LGBTQIA+ dicono no al nuovo DDL sui farmaci per la disforia di genere.

Sono tante le persone adolescenti che vivono un profondo senso di incongruenza tra il proprio corpo e la propria identità di genere. Questa condizione, nota come disforia di genere, è descritta dall’Istituto Superiore di Sanità come una “sofferenza intensa e persistente”, che può sfociare in ansia, depressione e difficoltà relazionali.  

Di fronte a questa realtà delicata, il governo ha approvato il 4 agosto 2025 un disegno di legge che introduce una stretta significativa sulle terapie farmacologiche per minori con disforia di genere. L’obiettivo dichiarato è tutelare la loro salute, ma il testo ha suscitato reazioni contrastanti. 

Cosa prevede la nuova normativa? 

La nuova normativa prevede che i farmaci per la disforia di genere nelle persone minori siano prescritti solo dopo una diagnosi da parte di un’équipe multidisciplinare e percorsi di supporto psicologico già avviati, con consenso informato dei genitori e secondo protocolli ministeriali. In attesa di questi protocolli, ogni caso dovrà ottenere l’ok di un Comitato etico pediatrico. Inoltre, l’AIFA istituirà un registro nazionale obbligatorio che traccerà le prescrizioni, la distribuzione dei farmaci (esclusivamente in farmacia ospedaliera) e tutti i dettagli clinici e medici, con report semestrali al Ministero e relazioni triennali al Parlamento. 

Perché la discussione è così accesa? 

Da un lato, la Garante per l’infanzia ha salutato il DDL come un approccio “più cauto e olistico”, simile a quello adottato in altri Paesi, che privilegia la salvaguardia della salute delle persone giovani. Dall’altro, attivistə e associazioni LGBTQIA+ esprimono preoccupazione. Il timore è che il registro dei dati –contenente informazioni personali estremamente sensibili – sia in realtà una forma di “schedatura” delle persone trans giovani, con il rischio concreto di rallentare o rendere più difficili terapie già approvate e necessarie. Le terapie ormonali e i bloccanti della pubertà, benché controversi, sono supportati da importanti linee guida internazionali e validati per il loro ruolo nel migliorare il benessere mentale də giovani con disforia. Di conseguenza, ogni ostacolo aggiuntivo – anche burocratico – può avere effetti significativi sul benessere di questə ragazzə. 

Alcune associazioni LGBTQIA+ hanno espresso un netto dissenso nei confronti del disegno di legge. Ecco perché, in sintesi, ritengono problematica questa nuova proposta:

1. Profilazione e privacy a rischio

Il disegno di legge prevede un registro nazionale gestito da AIFA che raccoglie dati clinici e medici dettagliati suə minori trans in cura. Roberta Parigiani, portavoce del Trans Identity Movement, parla apertamente di “profilazione delle persone trans, con tutti i loro dati sensibili, nelle mani di un’agenzia nominata dal governo”, definendolo “estremamente grave”. 

2. Burocrazia che ostacola l’accesso alle terapie

Secondo molte associazioni, l’iter previsto – basato su comitati etici, protocolli ministeriali e autorizzazioni preventive – rischia di introdurre ritardi pericolosi nell’accesso a terapie considerate ‘timesensitive’. Come osserva Parigiani: “Non puoi aspettare uno o due anni” per ricevere cure che, soprattutto in adolescenza, possono essere decisive.

3. Danno all’efficacia delle cure e al benessere psicologico

Molte evidenze cliniche dimostrano che i bloccanti della pubertà, quando somministrati con competenza (ad esempio la triptorelina), sono considerati ‘salvavita’: possono contribuire a prevenire ansia, autolesionismo e rischio suicidario, offrendo tempo necessario alle persone giovani per esplorare le proprie identità. Le associazioni temono che i nuovi ostacoli legislativi possano erodere questa efficacia nel rendere concretamente accessibili le terapie. 

E adesso? 

Il testo arriverà in Parlamento, dove la maggioranza di centrodestra potrebbe favorirne l’approvazione. Tuttavia, si annunciano emendamenti per ampliare la partecipazione delle associazioni trans nei gruppi decisionali e garantire maggiore tutela della privacy. Parallelamente, il Ministero della Salute e l’AIFA dovranno predisporre, entro i prossimi mesi, protocolli chiari e una piattaforma operativa per il registro.  In sintesi, l’Italia si trova ora di fronte a una scelta cruciale: equilibrare la necessità di proteggere le persone minori con misure sufficientemente snelle, capaci di assicurare accesso tempestivo a cure fondamentali senza rivelarsi eccessivamente intrusivi o rallentanti. 

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