
Il 22 maggio 2025 segna una svolta storica per i diritti delle famiglie omogenitoriali in Italia. Con la sentenza n. 68, la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo il mancato riconoscimento alla nascita della madre intenzionale nei casi di procreazione medicalmente assistita (PMA) effettuata all’estero da coppie lesbiche. Questa decisione rappresenta un passo significativo verso l’uguaglianza e la tutela dei diritti dei minori nati in famiglie omogenitoriali.
Il contesto legislativo: la legge 40/2004 e le sue criticità
La legge n. 40 del 19 febbraio 2004 disciplina la procreazione medicalmente assistita in Italia. L’articolo 5 della legge limita l’accesso alla PMA alle coppie eterosessuali, escludendo di fatto le coppie omosessuali e le donne single. Inoltre, l’articolo 8 prevede che il nato da PMA sia figlio della coppia che ha espresso il consenso alla tecnica, ma non contempla esplicitamente le coppie omogenitoriali.
Queste limitazioni hanno costretto molte coppie lesbiche italiane a ricorrere alla PMA all’estero, in paesi dove la legislazione è più inclusiva. Tuttavia, al ritorno in Italia, solo la madre biologica veniva riconosciuta legalmente, mentre la madre intenzionale era costretta a intraprendere lunghi e complessi procedimenti di adozione per ottenere il riconoscimento del proprio ruolo genitoriale.
La sentenza della Corte Costituzionale n. 68/2025
La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 68 del 22 maggio 2025, ha dichiarato incostituzionale l’articolo 8 della legge 40/2004 nella parte in cui non prevede il riconoscimento alla nascita della madre intenzionale nei casi di PMA effettuata all’estero da coppie lesbiche. La Corte ha stabilito che tale omissione viola gli articoli 2, 3 e 30 della Costituzione italiana, che tutelano rispettivamente i diritti inviolabili dell’uomo, il principio di uguaglianza e i diritti e doveri dei genitori nei confronti dei figli.
La decisione è stata presa in seguito a una questione di legittimità sollevata dal Tribunale di Lucca, riguardante il caso di un bambino nato in Italia da una coppia di donne che aveva effettuato la PMA all’estero. La Corte ha riconosciuto che il mancato riconoscimento della madre intenzionale lede il diritto all’identità personale del minore e pregiudica il suo diritto a una relazione stabile e continuativa con entrambe le figure genitoriali.
Implicazioni pratiche della sentenza
Con questa sentenza, i bambini nati in Italia da coppie lesbiche che hanno effettuato la PMA all’estero potranno essere registrati all’anagrafe come figli di entrambe le madri sin dalla nascita, senza la necessità di ricorrere all’adozione in casi particolari. Questo riconoscimento immediato garantisce al minore una tutela giuridica completa e uniforme, evitando discriminazioni e incertezze legali.
È importante sottolineare che la sentenza non modifica le condizioni di accesso alla PMA in Italia, che rimane riservata alle coppie eterosessuali. Tuttavia, la Corte ha precisato che spetta al legislatore decidere se estendere l’accesso alla PMA anche a nuclei familiari diversi da quelli attualmente previsti.
Reazioni e prospettive future
La sentenza è stata accolta con favore dalle associazioni per i diritti LGBTQIA+ e dalle famiglie omogenitoriali, che da anni lottano per il riconoscimento legale delle loro famiglie. Rete Lenford, l’associazione che ha assistito la coppia nel caso portato davanti alla Corte, ha definito la decisione un passo fondamentale verso l’uguaglianza e la tutela dei diritti dei minori.
Tuttavia, la sentenza evidenzia anche la necessità di un intervento legislativo più ampio per colmare le lacune normative esistenti e garantire una piena equiparazione dei diritti per tutte le famiglie, indipendentemente dalla composizione. La Corte stessa ha invitato il Parlamento a legiferare in materia, sottolineando l’urgenza di una riforma che rifletta la realtà sociale e familiare contemporanea.
La sentenza n. 68/2025 della Corte Costituzionale rappresenta un’importante conquista per le famiglie omogenitoriali e per i diritti dei minori in Italia. Riconoscendo il diritto alla doppia maternità alla nascita, la Corte ha affermato il principio secondo cui l’interesse superiore del minore deve prevalere su interpretazioni restrittive della legge. Resta ora al legislatore il compito di adeguare la normativa vigente per garantire una piena e concreta uguaglianza a tutte le famiglie.