L’indagine ISTAT-UNAR (https://www.istat.it/it/files/2023/05/report-discriminazioni-15maggio.pdf) sulle discriminazioni lavorative nei confronti delle persone LGBTQIA+ condotta nel 2022 con tecnica CAWI (auto-compilazione di un questionario elettronico on line) alla quale hanno risposto circa mille e duecento persone, evidenzia un preoccupante quadro sulle discriminazioni lavorative contro le persone LGBTQIA+.
Le micro-aggressioni, definite come interazioni quotidiane che inviano messaggi denigratori in modo spesso inconscio, possono avere effetti significativi sul benessere psico-fisico delle persone LGBTQIA+.
Circa otto persone su dieci hanno subito almeno una forma di micro-aggressione legata all’orientamento sessuale sul posto di lavoro, fenomeno diffuso in modo simile tra uomini e donne, di cui le persone omosessuali ne sono vittime più frequentemente rispetto ai bisessuali (81,7% contro 78,8%).
L’incidenza è maggiore tra i lavoratori più anziani (88,8% tra gli over 50) e tra i dipendenti o ex dipendenti (82,6%), le micro-aggressioni più comuni includono battute offensive o allusive contro le persone gay, lesbiche o bisessuali (91%), l’uso di termini denigratori (87,1%), e domande inappropriate sulla vita sessuale (39,9%).
Gli uomini riportano più spesso episodi di derisione per il loro modo di essere o di parlare (26,6% contro il 14,9% delle donne), mentre le donne subiscono maggiormente pregiudizi sulla loro presunta disponibilità sessuale (21% contro il 15,6% degli uomini).
I lavoratori indipendenti risultano particolarmente vulnerabili a micro-aggressioni che riguardano la sfera sessuale: il 43,9% ha ricevuto domande inappropriate sulla propria sessualità, a fronte del 38,3% dei dipendenti.
Nove persone su dieci riferiscono di aver subito più di una micro-aggressione, nel 67,2% dei casi, i responsabili sono colleghi di pari grado, seguiti da datori di lavoro o superiori.