Quando il progresso rallenta: la nuova mappa dei diritti - Connecting Spheres

Quando il progresso rallenta: la nuova mappa dei diritti

Negli ultimi anni, in Europa si è registrato un preoccupante arretramento sui diritti delle persone LGBTQIA+, mettendo a dura prova i valori fondanti dell’Ue: democrazia, uguaglianza, giustizia. Lo denuncia con forza la Relazione sullo Stato di Diritto, approvata dal Parlamento Europeo il 18 giugno con 405 voti favorevoli, 210 contrari e 36 astensioni. Sebbene non vincolante, il testo rappresenta un segnale politico decisivo, accusando gli Stati membri di limitare diritti civili, minacciare la libertà di stampa, utilizzare spyware contro giornalisti e attivisti, e – in modo specifico – di arretrare sui diritti delle persone LGBTQIA+.

La Relazione cita in particolare l’Ungheria di Viktor Orbán, dove la magistratura è politicamente influenzata, i fondi Ue sono gestiti in modo sospetto e i diritti civili sono fortemente compressi. È il primo paese dell’Ue a proibire le marce del Pride, con sanzioni per organizzatore e partecipanti, grazie alla legge varata a marzo 2025 che vieta manifestazioni LGBTQIA+, prevede multe e persino il carcere, e fa ricorso al riconoscimento facciale. Il Parlamento chiede di attivare la procedura prevista dall’articolo 7 dei Trattati Ue e di rendere il rispetto dello Stato di diritto condizione vincolante per l’accesso ai fondi europei.

I dati dell’ILGA‑Europe Rainbow Map 2025, pubblicata il 14 maggio, confermano l’allarme: su 49 paesi europei, la situazione legale e politica delle persone LGBTQIA+ registra un arretramento generalizzato. Il Regno Unito crolla di sette posizioni, ora 22°, mentre l’Italia si piazza al 35° posto, con appena il 24% di punteggio, un punto in meno rispetto all’anno precedente. ILGA‑Europe sottolinea che solo 10 paesi vietano le terapie di conversione, 22 legiferano il matrimonio egualitario, 12 riconoscono l’autodeterminazione di genere, e molti Stati (18) non tutelano le relazioni omosessuali, mentre 11 ignorano il riconoscimento legale delle persone trans.

In paesi come Bulgaria e Georgia sono state approvate leggi che vietano la “propaganda LGBTQIA+” nelle scuole, mentre, nello stesso periodo, anche l’Italia si trova sotto osservazione per un disegno di legge – la 1660 – che minaccia la libertà di riunione. In Ungheria, la legge già impone restrizioni alla vendita di materiali per ragazzi con contenuti LGBTQIA+, equiparandoli ai generi horror.

Dagli attivisti l’allarme è forte: come afferma Katrin Hugendubel di ILGA‑Europe, queste misure “non sono regressioni isolate, ma una reazione globale coordinata volta a cancellare i diritti […] per consolidare la discriminazione e reprimere il dissenso”. Anche i crimini d’odio e l’incitamento basati su orientamento sessuale e identità di genere sono in aumento, insieme a un incremento della violenza e dell’ostilità – come dimostrano le manifestazioni di Bucharest e l’escalation di attacchi, inclusi casi estremi come il suicidio di persone trans in UK.

Questa crisi dei diritti LGBTQIA+ rappresenta una minaccia all’intera democrazia europea, con una strategia ordita da forze politiche sovraniste per mettere in discussione le garanzie fondamentali. Serve una risposta pronta e incisiva: dalle istituzioni Ue (articolo 7, condizionalità sui fondi) alla società civile e agli Stati membri, è necessario difendere i diritti acquisiti, contrastare l’odio, criminalizzare i discorsi discriminatori e sostenere la piena uguaglianza per tutti, indipendentemente da genitori, identità di genere o orientamento sessuale. Senza un intervento deciso, decenni di lotte rischiano di essere dilapidati in pochi anni.

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