Perché la “legge sul consenso” può rappresentare una svolta e cosa rischiamo di perdere se viene affossata
A novembre 2025 la Camera ha approvato all’unanimità una riforma storica: lo stato italiano avrebbe riconosciuto che qualsiasi rapporto sessuale senza “consenso libero e attuale” è stupro. Ma la legge ora è bloccata in Senato. Ecco cosa cambia, perché è urgente, e perché il rinvio alimenta incertezze.
Quando oggi in Italia si parla di violenza sessuale, il reato – disciplinato dall’Articolo 609-bis c.p. – viene perseguito solo se l’abuso si realizza con violenza, minaccia o abuso d’autorità.
Ma in moltissimi casi, quando la vittima subisce un atto sessuale senza essere in grado di reagire (per terrore, shock, incapacità momentanea, ubriachezza, “freezing” psicologico, ecc…) non c’è un’aggressione fisica evidente. Il risultato? quei casi restano spesso al di fuori della tutela penale.
Che cosa prevedeva la nuova legge
Con un emendamento bipartisan, approvato dalla Camera il 19 novembre 2025 con 227 voti favorevoli (nessun contrario), il testo di legge riscrive l’articolo 609-bis per includere la nozione di “consenso libero e attuale”. Nel dettaglio: chiunque compie, induce o fa subire atti sessuali a una persona senza il suo consenso libero e attuale andrebbe punito con reclusione da 6 a 12 anni. Le definizioni già esistenti (violenza, minaccia, abuso d’autorità, vulnerabilità) restano, così come le aggravanti.
Il consenso viene inteso come una manifestazione di volontà libera, consapevole e attuale: non basta un “sì” dato in passato, in una relazione stabile, o in condizioni di pressione; e, importantissimo, il consenso può essere revocato in ogni momento.
Secondo giurist3 e associazioni, questa modifica rappresentava una vera e propria “svolta di civiltà”: una garanzia contro molte delle attuali «zone grigie» in cui violenza sessuale, abuso e coercizione sfumano nella soggettività, rendendo quasi impossibile perseguire la responsabilità dei colpevoli.
Un adeguamento agli standard internazionali
La riforma mira anche a portare l’Italia in linea con ciò che prevede la Convenzione di Istanbul, ratificata dal nostro Paese, secondo cui la violenza sessuale va considerata ogni qualvolta vi sia un atto sessuale non consensuale.
Nel contesto europeo, molti stati hanno già adottato una definizione di reato basata sul consenso, approfondendo la tutela dell’autodeterminazione. La proposta italiana, se approvata definitivamente, sarebbe un significativo passo avanti anche da questo punto di vista
Perché la legge è stata bloccata e cosa rischiamo
Nonostante il via libera alla Camera e il sostegno bipartisan, l’iter della legge si è fermato al Senato. La riforma avrebbe dovuto essere approvata il 25 novembre, in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne ma è stata rinviata: la discussione in Commissione Giustizia è stata sospesa su richiesta della componente del partito di governo guidata da Matteo Salvini (Lega), che ha sollevato “criticità” tecniche sul testo, specialmente riguardo a una clausola che prevede pene attenuate nei casi di “minore gravità”.
Altri hanno obiettato che la definizione di “consenso” rischierebbe di essere troppo vaga, aprendo la strada a “processi sul non detto”, basati su versioni contrastanti e difficili da provare.
Il rinvio è stato condannato da molte opposizioni e associazioni per i diritti delle donne e considerato come un “tradimento” politico: la sospensione della legge dopo mesi di attesa è stata interpretata come una clamorosa retromarcia, proprio nel giorno simbolico della lotta alla violenza di genere.
Cosa rischiamo se la legge non verrà approvata
- Mantenere un sistema giuridico che tutela solo gli abusi evidenti, lasciando impuniti molti casi di violenza “silenziosa”: quelli in cui non c’è aggressione fisica manifesta, ma manca un consenso reale.
- Costringere molte vittime a “giustificarsi” dovendo dimostrare di aver resistito, urlato, reagito, altrimenti il fatto potrebbe non essere considerato reato.
- Rinunciare a un cambiamento culturale che riconosce la dignità, l’autodeterminazione e il valore del consenso come principio fondante.
In sostanza: non si tratta solo di un aggiornamento normativo, ma di un’urgenza sociale.
Cosa possiamo fare noi
- Informarci e riflettere: il consenso libero, consapevole, attuale, può sembrare ovvio, ma solo una legge chiara può tradurlo in tutela reale.
- Diffondere il dibattito: parlarne, scrivere, condividere, alimentare la consapevolezza sul tema.
- Pretendere che la politica mantenga gli impegni: non è accettabile che una riforma così fondamentale resti bloccata per “criticità tecniche”.
Se davvero vogliamo un’Italia in cui “sì” significa sì e “no” significa no, non possiamo fermarci alle promesse: serve una legge che lo renda chiaro, netto, inoppugnabile.